CAMPAGNA PROMOZIONALE PER L’UTILIZZO IN SICUREZZA DEL GAS METANO ALCUNE REGOLE SPECIFICHE E CONSIGLI

 

IMPIANTI GAS: LE REGOLE GENERALI

A chi mi devo rivolgere?

Quando fate realizzare, revisionare o riparare i vostri impianti dovete rivolgervi, come prevede , ad imprese regolarmente iscritte nel Registro delle ditte della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura o nell’Albo delle Imprese artigiane, e che abbiano i requisiti tecnico-professionali richiesti. la Legge N. 46 del 1990

Per gli impianti del gas è necessaria l’abilitazione alla lettera “E”, verificate, prima di far eseguire lavori nel vostro appartamento, che l’impresa abbia tale requisito. Inoltre, a fine lavori, deve essere rilasciata la Dichiarazione di Conformità alle norme, regolarmente compilata, completa di allegati e sottoscritta dal titolare dell’impresa: è un obbligo di Legge e un vostro diritto.

 

La DICHIARAZIONE di CONFORMITA’

La “DICHIARAZIONE di CONFORMITA’” deve essere redatta secondo quanto previsto dal DPR 447/91 ed è composta da una prima pagina, dove sono riportati gli estremi della ditta esecutrice, quelli del cliente e la normativa applicabile, e dagli ALLEGATI:

– il documento CAMERALE che attesta i requisiti dell’impresa;

– l’ELENCO dei MATERIALI utilizzati;

– lo SCHEMA di IMPIANTO;

-i PROGETTI (se necessari);

-il riferimento alle precedenti dichiarazioni (ove già esistenti).

 

Il TECNICO ed il GAS una coppia perfetta

Il gas metano che viene distribuito nelle città è un composto infiammabile ed in origine inodore. Prima di arrivare nelle case viene appositamente odorizzato per rendere facilmente individuabile ogni minima fuga di gas ben prima che questa sia pericolosa. Il gas metano è comodo e sempre disponibile, ma deve essere utilizzato secondo le regole tecniche fissate dall’UNI-CIG e che sono applicate dai tecnici ed imprese abilitate professionalmente.

SICUREZZA GAS: ALCUNE REGOLE SPECIFICHE E CONSIGLI

 

CALDAIE IN BAGNO E CAMERA DA LETTO

È vietato e pericoloso

Nei bagni e nelle camere da letto è ammessa l’installazione di caldaie a gas solo se “a camera stagna” (TIPO C).

 

SCALDABAGNO IN BAGNO

Non sempre è possibile e sicuro

È consentita l’installazione dello scaldabagno “a camera aperta” in bagno purché si tenga conto della grandezza del locale e sia presente l’ apertura di ventilazione. E’ vietato installare gli scaldabagni e le caldaie a tiraggio naturale (TIPO B) in camera da letto e nei monolocali; nei bagni è vietata l’installazione delle caldaie (TIPO B) ed è fortemente limitata quella degli scaldabagni. Nel bagno, in camera da letto e nei monolocali, possono essere installati liberamente solo gli scaldabagni e le caldaie a camera stagna e tiraggio forzato (TIPO C, detti anche Turbo). Gli apparecchi a tiraggio naturale (TIPO B) devono essere muniti di scarico per l’evacuazione dei prodotti di combustione all’esterno e prelevano l’aria comburente direttamente nel locale di installazione. Negli apparecchi a tiraggio forzato , invece, lo scarico dei prodotti della combustione ed il prelievo dell’aria comburente devono avvenire direttamente dall’esterno.

 

LA MANUTENZIONE

La miglior sicurezza

Mantenete sempre puliti i bruciatori ed efficienti tutti gli apparecchi. Un bruciatore sporco fa consumare di più e può essere causa di pericoli. Se notate che le fiamme non sono azzurre significa che la combustione non è ben regolata e può produrre gas tossici. Bisogna provvedere subito a farla regolare. La manutenzione delle caldaie è un obbligo in forza della Legge N. 10 del 9/1/91: è obbligatorio tenere un LIBRETTO DI IMPIANTO su cui annotare tutte le manutenzioni periodiche e i risultati delle ANALISI di COMBUSTIONE che devono essere effettuate ogni due anni. La manutenzione degli altri apparecchi a gas è regolata dai “manuali d’uso” ed, in assenza di particolari prescrizioni, si effettua annualmente, in particolar modo per gli scaldabagni, le stufe ed i termoconvettori, in maniera tale da consentire la migliore efficienza ed il controllo dei dispositivi di sicurezza.

La manutenzione è un obbligo?

“Nel merito si ricorda che la vigente normativa DPR 412/93, 551/99, 311/2006 e Legge Regionale N°17 del 25/06/2007, stabilisce le responsabilità e gli obblighi dell’occupante in caso di unità immobiliari con impianti termici unifamiliari aventi potenza nominale al focolare inferiore a 35 kw, l’occupante dell’alloggio è responsabile dell’esercizio e della manutenzione, in particolare è tenuto alla compilazione del libretto d’impianto, al controllo tecnico periodico almeno una volta l’anno oltre alla manutenzione dell’impianto.

La S.V. sarà ritenuta direttamente responsabile della manutenzione alla caldaia che si andrà ad installare, nonché della conduzione dell’impianto di riscaldamento del rispetto della normativa vigente.”

ALCUNE REGOLE SPECIFICHE E CONSIGLI

 

TUBAZIONI del GAS

Le tubazioni sono organi “passivi” che consentono il trasporto del gas dal contatore sino agli apparecchi utilizzatori, non occorre fare manutenzione o pulizia, occorre solo verificare che siano installate secondo le regole e garantiscano la tenuta.

Le tubazioni del gas in un appartamento devono essere in ferro o in rame e possono essere fatte installare sia a vista che sotto traccia (interno alle strutture, muri, pavimenti), in questo caso il

percorso deve seguire gli spigoli delle stanze e le giunzioni delle tubazioni devono essere contenute negli appositi cassetti ispezionabili. Negli attraversamenti di intercapedini, dei muri

esterni, di solette ed in tutti i punti ritenuti potenzialmente critici i tubi dovranno essere protetti da apposite guaine.

L’installatore abilitato dovrà sempre seguire le disposizioni contenute nella Norma UNI CIG 7129.

 

CONTATORE DEL GAS

Il rubinetto generale deve restare chiuso quando non si fa uso del gas, soprattutto quando non c’è nessuno in casa, sia per un breve che per un lungo periodo.

Se sentite odore di gas: non accendete fiammiferi, non

manovrate interruttori e spine elettriche, chiudete subito il contatore, spalancate subito le finestre e le porte. Da fuori casa: Telefonate al Pronto Intervento gas Non fare mai uso del fuoco per individuare il punto di fuga del gas. Riaprite il contatore solo dopo

aver eliminato la causa della fuga. Se sentite odore di gas, non solo nel vostro appartamento o nella

vostra casa (scala, pianerottolo, androne, cortile, negozio, ufficio), ma anche per strada, telefonate subito al Pronto Intervento.

 

CANNE FUMARIE

I prodotti della combustione sono comunemente detti “fumi”. E’ buona regola prevedere lo scarico dei fumi oltre il colmo del tetto con l’utilizzo di canne fumarie; in alcuni casi si possono scaricare i fumi direttamente all’esterno sulle facciate dei palazzi.

Le canne fumarie, singole o collettive devono rispondere a precisi requisiti indicati in specifiche norme UNI. È indispensabile che la canna fumaria garantisca un “tiraggio” sufficiente per l’evacuazione dei fumi. Per una corretta misura dei valori di tiraggio rivolgetevi sempre a Tecnici qualificati.

In ogni appartamento, normalmente in cucina, devono esserci due canne fumarie: una per i gas combusti ed i vapori derivanti dai fornelli e una per i gas combusti dello scaldabagno. E’ vietato scaricare i gas combusti dei fornelli e dello scaldabagno( o caldaia) nella stessa canna fumaria. Solo in assenza di canna fumaria tecnicamente è possibile scaricare i gas all’esterno in facciata, nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti. Gli apparecchi di tipo C stagni a tiraggio forzato (Turbo), non possono scaricare in una canna fumaria tradizionale dove scaricano apparecchi di tipo B a tiraggio naturale. Questi apparecchi devono avere una canna fumaria appositamente costruita per loro.

 

TUBO DEL GAS (allaccio cucine)

Di gomma o di metallo, ma in regola

Il tubo di collegamento può essere di gomma, se i fornelli sono del tipo estraibile o comunque mobile, mentre per cucine ad incasso è obbligatorio il tubo in metallo flessibile. Il tubo di gomma deve essere sostituito se deteriorato e comunque ogni cinque anni , mentre il tubo in metallo non ha scadenza. Controllate che non sia a contatto con fonti di calore e non abbia

strozzature. Il tubo di gomma deve essere collegato alla cucina e al “rubinetto porta-gomma” con fascette

metalliche. Le norme UNI-CIG 7140 stabiliscono che deve avere una lunghezza compresa tra 40 e 150 cm e deve essere marchiato ogni 40 cm con il nome e la sigla del fabbricante, l’anno limite d’impiego, le misure del diametro interno, il riferimento alla specifica norma UNI-CIG.

 

Fughe di gas cosa fare?

 

SOTTO CONTROLLO LE PENTOLE

Le pentole che contengono liquidi in ebollizione non vanno mai “dimenticate sul gas”. Soprattutto quando hanno il coperchio. I liquidi, infatti, possono traboccare e spegnere la fiamma, mentre il gas, continuando ad uscire dal bruciatore e accumulandosi nel locale, provoca una situazione di grave pericolo. Ricordate che in commercio esistono cucine con il dispositivo di sicurezza sul piano di cottura. Se si sente odore di gas chiudere immediatamente il rubinetto del gas, aprire porte e finestre, non

accendere fiamme, accendini, fiammiferi, non provocare scintille. Tutta la tubazione può essere controllata con il metodo della “caduta di pressione”, il Tecnico metterà in pressione l’impianto e tramite un apposito strumento (manodeprimometro) misurerà eventuali perdite delle tubazioni e degli apparecchi individuando anche il punto di fuga.

 

 

RICAMBIO D’ARIA

Per bruciare bene il gas

Per far bruciare il gas in condizioni di sicurezza, è necessario un continuo rifornimento d’aria attraverso un’apertura fissa. Questa deve comunicare con l’esterno e deve avere una superficie proporzionale alla potenzialità degli apparecchi installati. E’ obbligatorio avere (ed caso contrario fare eseguire da un installatore abilitato) un foro di ventilazione nella parte bassa del muro che dia verso cielo libero, ed in alcuni casi sui serramenti, ma sempre controllando che sul bordo della griglia di plastica da porre davanti al foro sia stampigliata la dimensione dell’area libera e netta che questa deve avere. La dimensione minima è pari 100 cmq, per fornelli e forno dotati di valvole di sicurezza (denominate termocoppie), e di 200 cmq per fornelli tradizionali privi di termocoppie. In presenza di altri apparecchi (scaldabagno o caldaia a camera aperta) il calcolo della dimensione va effettuato con la formula: 6 cmq per ogni kW (KiloWatt) di portata termica nominale di ogni apparecchio gas presente, e sempre con i minimi sopra indicati. Se sono presenti aspiratori il foro va maggiorato della portata dell’aspiratore.

 

ASPIRATORI

Solo con le prese d’aria

L’apertura fissa verso l’esterno deve essere ingrandita, in maniera proporzionale alla portata degli aspiratori installati (montati su cappe e finestre), che devono scaricare solo all’esterno e mai in canna fumaria di tipo collettivo.

 

Rubrica delle DOMANDE E RISPOSTE…..

Riferimento: palazzina multipiano nel centro storico di una cittadina toscana. L’attuale impianto di riscaldamento centralizzato è da chiudere perché non rispetta le normative di sicurezza per il locale della centrale termica. Si è deciso di passare ad impianti termici autonomi individuali (P < 35 kW) ma non tutti i proprietari sono interessati: infatti alcuni non desiderano installare un impianto autonomo perché il loro appartamento è utilizzato, per esempio, solo nel periodo estivo. Il DPR 412, all’art. 5, comma 9, richiede l’uso di condotti di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto. La situazione è però complicata dal fatto che: – non è possibile utilizzare lo spazio interno della vecchia canna fumaria (dell’impianto centralizzato da smantellare) perché lo spazio è insufficiente e perché il tipo di solai con travi di legno non consente il passaggio di una canna fumaria ramificata; – i proprietari, che non vogliono installare l’impianto autonomo, si oppongono all’eventuale passaggio nel loro solaio della nuova canna fumaria ramificata; – la Sovrintendenza ai Beni Ambientali vieta l’uso di qualunque tipo di canna fumaria esterna alla palazzina. Si chiede: – può il singolo proprietario opporsi al passaggio nel proprio solaio della canna fumaria ramificata? – è legittima la posizione della Sovrintendenza ai Beni Ambientali che vieta l’uso delle canne fumarie esterne agli edifici?

Risposta: In generale una disposizione legislativa prevale su una disposizione regolamentare. Comunque, bisogna trovare la soluzione impiantistica che ottemperi a tutti i provvedimenti legislativi in vigore. Se esistono leggi nazionali che impediscono l’installazione delle canne fumarie all’esterno dell’edificio per motivi architettonici o soggetti a particolari vincoli storici le norme contenute nel DPR n. 412/93, essendo delle norme regolamentari, soccombono alle norme legislative. In questo caso la soluzione impiantistica che ottemperi alle disposizioni legislative contenute nel DPR n. 412/93, può essere adottata eliminando l’opposizione dei proprietari dissenzienti in quando, i solaio sono parte comune dell’edificio, così come i muri esterni e i tetti sono parte della struttura edilizia e non dei singoli proprietari.

Il DPR 412/93 prevede una sanatoria per tutte le installazioni realizzate prima dell’entrata in vigore della L. n.10/91, soprattutto per le numerose trasformazioni da centralizzato ad autonomo effettuate?

Risposta: Per gli impianti installati prima del 1° agosto 1994 non é prescritto nessun adeguamento e pertanto il DPR 412/93 non poteva prevede una sanatoria. Le prescrizioni dell’art. 5 del DPR n. 412/93, relative agli obblighi della quota di sbocco delle canne fumarie sopra il colmo del tetto, sono entrate in vigore il 1° agosto 1994.

Disposizioni relative all’art. 28 L. n. 10/91. La relazione tecnica deve essere presentata contestualmente alla domanda di concessione edilizia?

Risposta: La relazione tecnica relativa al disposto dell’art. 28 della L. n. 10/91, non deve essere presentata contestualmente alla domanda di concessione edilizia. Volendo si può anche presentare e il Comune non può rifiutarla. La relazione tecnica deve comunque essere presentata prima dell’inizio lavori.

Chiarimenti sui significati fisici dei parametri da e du permeabilità al vapore negli intervalli umidità relativa 0–50% e 50–95% riportati nel DM 13 dicembre 1993. Dove si trovano questi valori e quale è la loro differenza?

Risposta: I significati fisici e i valori dei parametri da e du sono riportati nella UNI 10351.

Il generatore di vapore adibito a un processo industriale deve rispettare i valori dei rendimenti di combustione previsti nel DPR n. 412/93? Il recupero di calore che avviene dopo l’utilizzo del vapore nel processo produttivo e che viene ad essere utilizzato ai fini del riscaldamento ambiente può derogare dai limiti imposti alle ore di funzionamento e alla temperatura interna di 20°C.

Risposta: Al generatore suddetto non si applica il DPR n. 412/93 dato che non è adibito esclusivamente alla climatizzazione dei locali o alla produzione di acqua calda sanitaria. La deroga alle ore di funzionamento e alla temperatura interna dei locali deve essere richiesta nella relazione tecnica con adeguata motivazione. Dato che la richiesta di deroga è prevista dal DPR n. 412/93, salvo casi in cui ostino validi motivi, la deroga verrà concessa.

Per i condotti di evacuazione dei prodotti di combustione degli impianti termici degli edifici la “regola d’arte” è garantita con l’osservanza della norme UNI, come da Legge 5-3-90, n. 46, a sua volta richiamata nella Legge 9-1-91, n. 10 (implicitamente nell’art. 23 ed esplicitamente nell’art. 29) dalla quale deriva il DPR 28-8-93, n. 412. Nell’art. 5, comma 9, del predetto DPR vi è perciò una contraddizione formale. Infatti tale DPR prescrive, salvo eccezioni per impianti esistenti, che gli impianti termici degli edifici multipiano abbiano i condotti di evacuazione dei prodotti di combustione con sbocco alla quota prescritta della norma UNI 7129, aggiungendo anche, “sopra il tetto dell’edificio”. L’osservanza di detta norma UNI 7129 per gli impianti termici a gas, cui tale norma è destinata, non comporta però che i predetti condotti arrivino sempre e obbligatoriamente sopra il tetto. Perciò l’aggiunta precedente può valere solo per i tipi di impianto non contemplati dalla norma UNI 7129. D’altra parte l’art. 29 della Legge n. 10/91 prescrive che il collaudo degli impianti avvenga in base alla Legge n. 46/90, cioè verificando il rispetto delle norme CEI ed UNI. Si può anche rammentare che il testo di una Legge prevale su quello di un DPR.

Risposta: In riferimento al supposto contrasto fra le disposizioni contenute nel DPR n. 412/93 e quelle delle norme UNI-CIG 7129 (recepite con DM 21/4/1993) deve premettersi che, tenuto conto del diverso livello delle norme regolamentari e delle norme tecniche citate, nonché della loro successione nel tempo, le disposizioni del DPR n. 412/93, lungi dal porsi in contrasto con la norma UNI-CIG 7129, che anzi esplicitamente richiamano, legittimamente sovrappongono ad essa prescrizioni più restrittive che in alcuni casi vanno oltre i requisiti minimi di sicurezza ivi previsti. Le prescrizioni contenute nell’art. 5, sono valide per tutti i tipi di impianti in quanto il DPR n. 412/93 non prescrive disposizioni diverse per diverse tipologie di impianto. Il DPR n. 412/93 è un Regolamento attuativo della Legge n. 10/91 ed essendo tale può meglio specificare le disposizioni, i requisiti tecnici e dimensionali degli impianti.

Per i generatori di calore adibiti al riscaldamento dell’acqua calda per usi igienici e sanitari sono prescritti dei rendimenti minimi? Quali sono? E come si determinano?

Risposta: I rendimenti minimi dei generatori di calore adibiti esclusivamente alla produzione di acqua calda sono prescritti, come per tutti gli altri, all’art. 6 del Regolamento. La determinazione avviene come quelli adibiti al riscaldamento degli ambienti. Ricordiamo, comunque, che gli scaldacqua unifamiliari non si applica il DPR n. 412/93.

Art. 11 comma 8 e 20, DPR n.412/1993. Cosa si deve intendere per impianto termico individuale o impianto termico per singole unità immobiliari? Quale è la loro potenza?

Risposta: Per impianto termico individuale o impianto termico per singole unità immobiliari si intende, in generale, un impianto termico che è al servizio di una singola unità immobiliare e avente potenza nominale inferiore a 35 kW. E’ tuttavia necessario verificare la coerenza del limite di potenza (non fissato esplicitamente dal DPR n. 412/93) con la razio delle singole norme. Ad esempio, il comma 2 e il comma 20 dell’art. 11, si riferiscono indubbiamente a tutti gli impianti posti al servizio di un’unica unità immobiliare, quale che sia la loro potenza, mentre il comma 8 del medesimo articolo, come si evince anche al riferimento al libretto d’impianto, si riferisce ai soli impianti di potenza termica nominale inferiore a 35 kW, tipicamente usati nel riscaldamento di abitazioni unifamiliari.

Un albergo é considerato edificio adibito a uso pubblico?

Risposta: L’albergo non é un edificio adibito ad uso pubblico, in quanto non si svolgono al proprio interno attività istituzionali di Enti Pubblici (vedi art. 1 lettera c) del DPR n. 412/93).

In riferimento art. 8, comma 2, del DPR n. 412/93, il Fabbisogno energetico normalizzato per la climatizzazione invernale (FEN) si determina come rapporto tra il fabbisogno energetico convenzionale e il prodotto del volume riscaldato e i gradi giorno della località e viene espresso in kJ/m3GG. Il punto 3.1.2.1. della norma UNI 10379 definisce il fabbisogno energetico normalizzato come il rapporto tra il fabbisogno energetico convenzionale stagionale e il prodotto della differenza tra la temperatura interna e la temperatura media stagionale dell’aria esterna per il volume dello spazio riscaldato. I due valori non sono coincidenti. Quale dei due valori è quello che deve essere adottato per eseguire i calcoli?

Risposta: In generale il disposto di un DPR è superiore a decreti ministeriali che recepiscono norme regolamentari. Pertanto la procedura di calcolo corretta è quella indicata nel DPR n. 412/93 pur se il DM di recepimento delle norme UNI 10379 è stato pubblicato successivamente.

Riferimento nota (8) dell’allegato B del DM 13-12-1993. Edificio costruito prima dell’entrata in vigore della ex L. 373/76. Installazione di un nuovo impianto di climatizzazione invernale. Verifica del FEN. Valore di Cdlim da inserire nella verifica del FEN limite per gli edifici che all’epoca della costruzione non era prevista nessuna verifica. In generale, nel caso in cui devo installare un nuovo impianto termico è obbligatorio eseguire interventi di coibentazione ovvero interventi di risparmio energetico per adeguare l’edificio alla ex L. 373/76 e comunque interventi sull’involucro edilizio tali che sia rispettato il DPR n. 412/93?

Risposta: Nel caso di ristrutturazione di un impianto termico spesso vengono coinvolte anche le strutture edilizie; quindi in questo caso bisogna considerare il sistema edificio-impianto in modo da prevedere gli interventi sull’involucro e installare un impianto termico che rispetti le condizioni di comfort ambientale (20+2°C) nei periodi e per la durata giornaliera di occupazione dell’immobile. Per tale progettazione si devono considerare tutti i parametri dell’edificio esistente ovvero quelli nuovi nel caso di ristrutturazione edilizia: anche per un edificio costruito prima dell’entrata in vigore della ex L. 373/76 bisogna considerare lo stato esistente e riportare possibilmente i valori dei coefficienti di dispersione termica reali (dove non è possibile calcolarli realmente si possono ipotizzare in base ad esperienza del progettista o dal confronto con strutture analoghe o da documentazione tecnica specializzata).

La definizione 3.1.3 della UNI 10379 relativa al periodo di riscaldamento: “periodo definito dall’intervallo di tempo che intercorre tra l’istante di accensione e di spegnimento dell’impianto di riscaldamento” si può identificare con il “periodo annuale di esercizio” previsto nel DPR n. 412/93, art. 9?

Risposta: Il significato della definizione riportata nella UNI 10379 pur se con parole diverse, coincide con quella riportata nel DPR n. 412/93.

L’art.5 del DPR n.412/93 impone di progettare le canne fumarie?

Risposta: L’art. 5 del DPR n. 412/93, (in seguito richiamato anche come Regolamento) impone lo scarico dei fumi oltre il colmo del tetto (la quota è riportata nella UNI 7129) per gli edifici multipiano costituiti da più unità immobiliari ricadenti nei seguenti casi: • nuove installazioni di impianti termici, anche al servizio delle singole unità immobiliari; • ristrutturazione di impianti termici centralizzati; • ristrutturazione della totalità degli impianti termici individuali appartenenti ad uno stesso edificio; • trasformazione da impianto termico centralizzato a impianti individuali; • impianti termici individuali realizzati dai singoli previo distacco dall’impianto centralizzato. Deroghe a tali disposizioni sono ammesse solo nei casi di: • mera sostituzione di generatori di calore individuali; • singole ristrutturazioni degli impianti termici individuali esistenti in stabili senza canna fumaria adeguata. L’obbligo della progettazione delle canne fumarie sussisteva anche prima della legge n. 10/1991, per tutti gli impianti che ricadevano nell’ambito di applicazione della legge n. 615/1966. Successivamente è stata emanata la legge n.1083/1971, che riporta disposizioni relative alla sicurezza nell’impiego del gas combustibile. Tale legge ha, tra l’altro, stabilito che gli impianti dovevano essere costruiti a regola d’arte, e che gli impianti realizzati in conformità alle norme emanate dall’UNI-CIG, si considerano costruiti a regola d’arte. La norma UNI-CIG 7129 è stata una delle prime norme emanata in attuazione della legge n. 1083/1966 e che ha avuto il riconoscimento giuridico approvandola con apposito decreto ministeriale. In tale norma, e nella più recente norma UNI 7129 aggiornata al 1992, sono riportate prescrizioni relative all’evacuazione dei prodotti della combustione da rispettare. Anche la legge n. 46/1990 ha espressamente previsto la progettazione delle canne fumarie collettive ramificate. Per il dimensionamento si deve far riferimento alla UNI 9615, parte 1a e 2a, richiamata nel DM 13/12/93. Comunque, il progetto della canna fumarie è indispensabile se non si vuole penalizzare il rendimento di combustione del generatore di calore, la sicurezza e il funzionamento dell’impianto.

Un architetto o un geometra iscritto ad albo professionale può effettuare il progetto di un impianto termico e sottoscrivere la relazione tecnica da presentare al Comune prima di dare inizio ai lavori ?

Risposta: Gli architetti e geometri, in base alle leggi vigenti non hanno competenze nel campo della progettazione degli impianti termici. Infatti in una recente sentenza del TAR del Lazio del 14 febbraio 1995, è riportata la motivazione per cui i suddetti professionisti non avendo competenze nel campo della progettazione degli impianti utilizzati nelle civili abitazioni e ricadenti nelle tipologie degli impianti di cui alla L. n. 46/1990, tra i quali sono compresi gli impianti termici, sono stati esclusi dall’inserimento negli elenchi istituiti in base all’art. 9 del DPR n. 447/1991, recante il regolamento di attuazione della L n. 46/1990, I suddetti elenchi sono stati istituiti per riportare i nomi dei professionisti a cui poter affidare le attività di verifica degli impianti in sostituzione dei compiti affidati ad alcune Pubbliche Amministrazioni. Pur confermando la sentenza circa i limiti della progettazione dei suddetti professionisti, si ritiene che essendo la relazione tecnica un documento comprendente la progettazione del “sistema edifio-impianto”, la competenza degli architetti e dei geometri possa limitarsi alla scelta delle tipologie edilizie e alla definizione delle caratteristiche dei materiali edili, pur senza sottoscrivere il progetto da allegare alla relazione tecnica.

In vari punti del DPR n. 412/93 viene riportata la frase “potenza nominale”. Con tale accezione si deve intendere “potenza termica utile nominale” come esplicitamente e chiaramente riportato nella formula di hg di cui al comma 1, art. 5 del DPR n. 412/93? In particolare nel comma 14, dell’art. 11, nel caso di generatori di calore ad acqua calda, si chiede di verificare che il “rendimento di combustione” (misurato al valore nominale della potenza termica del focolare) sia superiore ai rendimenti termici utili alla potenza nominale diminuiti di una certa quantità. Analogamente, nel caso di generatori di calore ad aria calda si chiede di verificare che il “rendimento di combustione” (misurato al valore nominale della potenza termica del focolare), sia superiore al rendimento di combustione alla potenza nominale diminuiti di una certa quantità. Le due potenze nominali prima evidenziate, quali sono? Sono potenze termiche utili nominali o potenze termiche al focolare nominale?

Risposta: Si ritiene che dove nel DPR n. 412/1993, è riportata la dizione generica di potenza nominale, deve intendersi la potenza termica utile nominale. In riferimento al comma 14 dell’art. 11, la dizione “misurata al valore nominale della potenza termica del focolare”, è imprecisa in quanto per tale verifica si deve fare riferimento alle potenze effettive e non a quelle nominali che si determinano solo in laboratorio o presso il fabbricante. Per quanto riguarda la determinazione del rendimento di combustione, si devono seguire le indicazioni riportate nella UNI 10389. Il valore così determinato va confrontato con quello che si ottiene utilizzando le formule riportate nell’allegato E, in cui la Pn è la potenza termica utile nominale (cioè quella dichiarata dal fabbricante), con le correzioni previste dall’art. 11, comma 14. I rendimenti alla potenza max (al focolare o utile) non differiscono sostanzialmente, il problema per le misure in campo è che non è possibile sempre portare il generatore di calore alla Potenza massima (perché il carico delle utenze non è conosciuto), comunque le norme UNI esplicitano sufficientemente la determinazione dei valori.

Riferimento: Circolare MICA 233/F del 12-4-1994. Il contenuto del punto 5) della parte B della suddetta circolare fa sorgere il dubbio che il contenuto dell’art. 11 del DPR n. 412/93 sia applicabile solo agli impianti termici di nuova installazione e nei casi di ristrutturazione degli impianti stessi.

Risposta: Il contenuto dell’art. 11 del DPR n. 412/92, riguarda essenzialmente l’esercizio, la manutenzione e il controllo degli impianti. Comunque, le parti relative alla progettazione e all’installazione si applicano solo agli impianti termici di nuova installazione o nei casi di ristrutturazione di impianti termici. In altre parole il contenuto innovativo della progettazione e dell’installazione contenute in generale negli art. 5, 7, 8 e 11 non si applicano agli impianti esistenti se tali impianti non sono soggetti a interventi di modifica e sostituzione e sempreché siano stati installati nel rispetto della normativa vigente all’atto dell’installazione.

L’art. 6 indica che non sono soggetti al rispetto dei limiti di rendimento termico utile oppure del rendimento di combustione, in occasione di interventi sugli impianti termici, i generatori di calore nelle condizioni di funzionamento previste nell’articolo medesimo, ad es. con alimentazione a combustibili solidi. Per detti generatori vale ogni altra prescrizione del regolamento?

Risposta: L’esclusione, da parte del comma 2 dell’art. 6, dei generatori di calore alimentati con combustibili particolari dall’obbligo di installare nuovi apparecchi che presentino valori nominali di rendimento termico utile non inferiori ai limiti indicati nell’allegato E si basa sul fatto che la tecnologia non è in grado di offrire apparecchi con tali rendimenti. Analogamente si può ritenere che gli stessi generatori in condizioni di esercizio non possano raggiungere i valori di rendimento prescritti dall’art. 11 comma 14, ne tanto meno in sede di dimensionamento degli impianti assicurare i valori prescritti dall’art. 5. Comunque, in sede di progetto devono essere verificati il FENlim e gli altri parametri contenuti nel DM 13/12/93. Inoltre, per detti generatori valgono tutte le disposizioni contenute nel regolamento relativamente all’esercizio e alla manutenzione degli impianti ovvero un impianto dotato di un generatore calore alimentato da combustibile solido durante il suo esercizio, deve, comunque rispettare tutte le norme relative al contenimento dei consumi energetici, alla sicurezza, alla salvaguardia ambientale. In particolare deve essere disposto il libretto di centrale o di impianto secondo la sua potenzialità, ed effettuato l’esercizio, la manutenzione ordinaria e straordinaria e le verifiche periodiche secondo quanto previsto dal regolamento. I parametri di combustione da verificare in esercizio sono quelli che l’installatore o il progettista ha riportato nel libretto all’atto della prima messa in esercizio dell’impianto.

L’art. 1 del DPR 412/93, dà una inequivoca definizione di temperatura dell’aria in un ambiente, che risulta essere la temperatura dell’aria al centro di un locale, misurata in modo da non essere influenzata dagli effetti della radiazione di sorgenti di calore sulla sonda di misura. Tuttavia diversa è la definizione di temperatura interna data dalla norma UNI 10344, norma emanata per l’attuazione del DPR n. 412/1993, che tiene conto, come media, sia della temperatura interna dell’aria che della temperatura media radiante. Pertanto si richiede una puntualizzazione, in merito alla determinazione della temperatura dell’aria in un ambiente.

Risposta: Il DPR n. 412/93 alla lettera w) dell’art. 1, riporta la definizione di “temperatura dell’aria in un ambiente” come la temperatura dell’aria misurata secondo le modalità prescritte dalla norma tecnica UNI 5364. La suddetta norma riporta in maniera inequivocabile le modalità di misurazione della temperatura interna dei locali. Come si evince dalla norma le modalità di misurazione portano a verificare i parametri reali con quelli assunti dal progetto, quindi di collaudare l’impianto. La definizione della temperatura interna riportata nella UNI 10344 è in sostanza la temperatura operante interna della zona supposta uniforme. Questa “diversa temperatura” serve ai fini del calcolo del fabbisogno di energia ed è confacente al metodo rigoroso in essa riportata. Ai fini del parametro “ti” da porre nel calcolo del fabbisogno energetico convenzionale normalizzato da confrontare con il FENlim e da riportare nella relazione tecnica, si ricorda che la norma UNI 10379, ha specificato che i valori di “ti” sono assunti convenzionalmente pari a: * 18 °C per gli edifici di categoria E8; * 20 °C per gli edifici di categoria diversa da E8.

Si richiede una puntualizzazione riguardante gli edifici situati in complessi industriali, in merito a quanto segue: – Nel caso in cui in un complesso industriale sia individuabile un edificio appartenente ad una categoria diversa da E.8, grande o piccolo, da una palazzina uffici ad una portineria, e lo stesso edificio sia servito da un impianto termico che produca direttamente acqua calda od aria calda, valgono per tale edificio le prescrizioni del regolamento come per un qualunque edificio civile? La stessa considerazione vale anche nei casi in cui un edificio, avente destinazione d’uso mista, siano identificabili zone termiche appartenenti a categorie diverse da E.8? – Nel caso in cui in un complesso industriale, interi edifici o parte di essi siano riscaldati mediante fluidi termovettori diversi dall’acqua calda od aria calda, oppure che l’acqua calda o l’aria calda non siano direttamente ottenute da appositi generatori di calore, ma mediante scambio termico con altri fluidi termoconvettori, i quesiti sono: • se occorra o no predisporre un Libretto di Centrale opportunamente modificato per la situazione specifica o se sia sufficiente indicare il nominativo del responsabile dell’esercizio e della manutenzione; • se gli edifici o le porzioni di edificio appartenenti a categorie diverse da E.8 sono sottoposti alle prescrizioni del regolamento per quanto riguarda l’art. 8 (fabbisogno energetico normalizzato per la climatizzazione invernale)? Si chiede conferma se tutti gli edifici del complesso industriale, a qualunque categorie appartengano, sono soggetti alle prescrizioni del regolamento per quanto riguarda: – art. 2 (zona climatica) – art. 4 (valori massimi della temperatura ambiente) – art. 5 (requisiti e dimensionamento impianti) limitatamente al comma 11 (rete di distribuzione del calore), al comma 12 (zone a diverso fattore di occupazione), al comma 13 (rinnovo aria con ventilazione meccanica controllata), al comma 14 (requisiti dei soggetti che eseguono gli interventi); – art. 9 (limiti di esercizio); – art. 11 (esercizio e manutenzione e controlli relativi); in particolare ogni impianto termico che provveda alla climatizzazione invernale deve avere un responsabile per l’esercizio e la manutenzione e, come qualunque altro impianto di climatizzazione, è soggetto alle prescrizioni di cui ai commi 18, 19 e 20.

Risposta: Il DPR n. 412/93 non si applica agli impianti termici che alimentano processi produttivi. Se lo stesso impianto alimenta anche ambienti questi sono soggetti a deroghe secondo l’art. 4 comma 4. Se l’impianto termico è al servizio di ambienti comunque classificati (E1–E8) questo è soggetto integralmente alle disposizioni del DPR n. 412/93, sia che si trovi dentro o fuori a un complesso industriale. Nel caso di un complesso industriale in cui gli edifici, comunque classificati, vengono serviti da fluidi termovettori provenienti da scambiatori di calore alimentati da fluidi provenienti da processi produttivi, non è applicabile il DPR n. 412/93 e quindi non è obbligatorio il libretto di centrale e la nomina del terzo responsabile. Analogamente allo stesso edificio non è applicabile la verifica del FEN. In generale, in caso di un edificio non servito da un apposito generatore di calore, non è applicabile il DPR n. 412/93 nelle parti in cui necessitano i dati del generatore di calore: il rendimento di produzione, di distribuzione ecc. Pertanto, la relazione tecnica va compilata nelle parti in cui è possibile calcolare i parametri e verificarli e nelle parti in cui sono richieste le descrizioni dei “sistemi” adottati. Analogamente le disposizioni contenute negli artt. 2, 4, 5, 9, 11 si applicano nelle parti attinenti al sistema “edificio-impianto” in caso di progettazione di nuovi edifici nelle parti riguardanti l’esercizio e la manutenzione in caso di edifici esistenti.

Non solo in caso di sostituzione di generatore di calore, ma anche nei casi di nuove installazioni o ristrutturazioni di impianti termici, è prescritto che il rendimento di produzione medio stagionale deve essere non inferiore al limite di cui all’art. 5, comma 3, del DPR n. 412/93?

Risposta: No, la prescrizione è relativa solo al caso in cui si sostituisce il generatore di calore. Nel caso di nuove installazioni o ristrutturazioni di impianti bisogna verificare anche il rendimento globale medio stagionale. I due casi necessitano di calcoli diversi, come diverse sono le relazioni tecniche da presentare secondo quanto stabilito dal DM 13/12/1993.

L’art. 4, comma 1, del DPR n. 412/1993, fissa i valori massimi della temperatura dell’aria degli edifici, non già riferita ad un singolo ambiente ma alla media aritmetica dei valori misurati nei singoli ambienti degli edifici. In caso di edificio costituito da più unità immobiliari la media aritmetica si calcola riguardo agli ambienti dell’unità immobiliare stessa e verosimilmente tenendo conto solo dei locali che sono definiti “stanze”. Se tale interpretazione non fosse valida, in caso di edificio costituito da più unità immobiliari si potrebbe determinare la situazione che il rispetto della prescrizione suddetta sarebbe ottenuto anche in caso, purtroppo in pratica non infrequente, di elevate temperature nei piani intermedi e di basse temperature nei piani con maggiore superficie disperdente. Si richiede una puntualizzazione circa la metodologia di calcolo da adottare.

Risposta: Un edificio può essere costituito da diverse zone classificate nelle diverse categorie E1 ….. E8. Ogni zona è costituita da diverse unità “immobiliari”. Ogni unità immobiliare è un ambiente. Ogni ambiente è costituito da locali. Le prescrizioni dell’art. 4 comma 1 del DPR n. 412/93, si riferiscono a ogni singolo ambiente e quindi all’unità immobiliare occupata da un unico proprietario.

Per gli impianti esistenti prima dell’entrata in vigore del DPR n. 412/93, ovvero prima del 1° agosto 1994, entro quale data devono essere adeguate alle norme UNI applicabili? In particolare gli impianti esistenti che non sono in regola sotto gli aspetti della sicurezza, ovvero non rispettano la norma UNI 7129/92, entro quale data devono essere adeguati?

Risposta: Per gli impianti esistenti oltre all’obbligo di adeguamento alle norme di sicurezza previste dalla L. n. 46/90 sussiste l’obbligo di sottoporli alla verifica del rendimento e del suo stato di esercizio e manutenzione secondo quanto previsto dal DPR n. 412/93. Se un impianto esistente non è adeguato alle norme di sicurezza e, in particolare alla UNI 7129/92, il suo adeguamento deve avvenire entro il 31 dicembre 1999 per gli edifici scolastici per effetto della legge n. 649/1996, ed entro il 31-12-1997 per tutti gli altri edifici per effetto del D.L. n.670 del 31 dicembre 1996. Per i soli impianti a gas il termine è fissato al 31 dicembre 1999. Queste disposizioni valgono per gli impianti installati prima del marzo 1990, in quando per quelli installati dopo dovrebbero essere a norma se sono stati installati da un installatore abilitato e se è stato rilasciato il certificato di conformità. Ma se tale impianto viene affidato a un terzo responsabile che deve effettuare la manutenzione e qualora costui ritiene che per poter assumersi tale responsabilità dell’impianto questi deve essere adeguato alle norme di sicurezza, allora il proprietario è costretto ad adeguare l’impianto prima di stipulare il contratto con il terzo responsabile.

La trasformazione di un impianto centralizzato (da 1.400.000 kcal/h) alimentato a gasolio in uno alimentato a metano comporta la presentazione al Comune della relazione tecnica in quanto ristrutturazione di un impianto termico?

Risposta: La relazione tecnica non deve essere presentata perché per ristrutturazione di un impianto termico si intende un insieme sistematico di opere che comportano la sostanziale modifica sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore secondo quanto riportato all’art. 1, comma 1, lettera l) del DPR 412/1993. Il caso prospettato prevede solo un cambiamento di un bruciatore che non vuol dire sostanziale modifica del sistema di produzione del calore.

Impianto con bruciatore idoneo per l’alimentazione sia a combustibile liquido che gassoso. Attualmente alimentato con combustibile liquido. Le opere necessarie per addurre il gas all’impianto, possono essere considerate rifacimenti o trasformazioni dell’impianto stesso (e quindi rientrare nei casi definiti nel DPR n. 412/93 come ristrutturazione) oppure debbono considerarsi facenti parti di un intervento esterno e a monte dell’impianto per cui non rientrano nella disciplina del DPR n. 412/93.

Risposta: Il DPR n. 412/93 disciplina la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici. L’art. 1 definisce l’ambito di applicazione del regolamento e in particolare, alla lettera f), viene riportata la definizione di “impianto termico” come “un impianto tecnologico destinato alla climatizzazione degli ambienti con o senza produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari o alla sola produzione centralizzata di acqua calda per gli stessi usi, comprendente i sistemi di produzione, distribuzione e di utilizzazione del calore nonché gli organi di regolazione e controllo..” Dalla suddetta definizione si deduce, anche se in essa non è esplicitamente detto, che le opere necessarie all’adduzione del combustibile non rientrano tra quelle previste dall’applicazione del DPR n. 412/93.

Impianto centralizzato per il riscaldamento invernale e per la produzione dell’acqua calda per usi igienico-sanitari (A.C.I.S.). L’impianto è costituito da tre generatori a tubi di fumo da circa 700 kW/cad. La produzione di A.C.I.S. è ottenuta con scambiatore di calore. La modifica del sistema di distribuzione e regolazione avverrà mediante: a) realizzazione di 7 sottocentrali corredate di scambiatori e sistema di regolazione con sonda climatica esterna; b) realizzazione di un circuito primario, a vaso chiuso, per alimentazione delle sottocentrali; c) installazione di un sistema computerizzato per l’avviamento in sequenza di generatori di calore; d) realizzazione di nuovi collettori per la distribuzione settoriale ai corpi scaldati. L’intervento di modifica dell’impianto è da intendersi come “Ristrutturazione di impianto termico” oppure “Manutenzione straordinaria con modifiche impiantistiche”?

Risposta: Il DPR n. 412/93 disciplina la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici. L’art. 1 definisce l’ambito di applicazione del regolamento e in particolare, alla lettera l), viene riportata la definizione di “ristrutturazione di un impianto termico” come “gli interventi rivolti a trasformare l’impianto termico mediante un insieme sistematico di opere che comportino la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore…” Dalla suddetta definizione si deduce che le opere che modificano entrambi i sistemi di produzione e di distribuzione si possono far ricadere in un intervento di “ristrutturazione di un impianto termico”. Nel caso prospettato viene modificato sostanzialmente il sistema di distribuzione e introdotto un nuovo sistema di regolazione e controllo lasciando inalterato il sistema di produzione. Pertanto, stante alla lettera della definizione su riportata, l’intervento ricadrebbe parzialmente in un vero e proprio intervento di ristrutturazione. Comunque, vista la complessità dell’intervento, ed anche il costo da sostenere, sarebbe opportuno rivedere il “sistema edificio-impianto” alla luce delle nuove disposizioni contenute nel DPR n. 412/93.

Il collaudo finale tecnico amministrativo (opere pubbliche) deve tenere conto di tutte le norme del DPR n. 412/93?

Risposta: Il progetto deve essere redatto secondo le normative vigenti e quindi il collaudo finale tecnico amministrativo deve verificare tale rispondenza.

Un impianto termico utilizzato per l’intero anno al riscaldamento dell’acqua per essere utilizzata in una attività industriale e per il periodo invernale anche al riscaldamento di alcuni uffici deve presentare la relazione tecnica?

Risposta: Essendo l’impianto termico dedicato prevalentemente a esigenze di attività di tipo industriale non è soggetto al DPR n. 412/93 e quindi non va presentata la relazione tecnica. Solo nel caso di riscaldamento degli uffici oltre la temperatura massima consentita (20+2°C) deve essere richiesta deroga al Comune.

P.to 4.1.1.1 della UNI 10379. La definizione relativa alla stagione di riscaldamento risulta poco chiara. Anche nel prosieguo del calcolo del fabbisogno convenzionale di energia primaria Q sembrano che vengano utilizzati parametri diversi per calcolare i dati climatici. In particolare: – la stagione di riscaldamento è formata da tutti i mesi interamente compresi nel “periodo annuale di esercizio” dell’impianto? – il calcolo della temperatura media dell’aria esterna (qem) si effettua per “ogni mese compreso nella stagione di riscaldamento” o sui giorni effettivi? – l’irradianza solare globale giornaliera si calcola sui mesi interamente compresi nella stagione di riscaldamento? – i valori di Im riportati nel prospetto X della UNI 10379 non sono coincidenti con quelli che si ricaverebbero applicando la UNI 10349. Come sono stati calcolati? – per i comuni non compresi nel prospetto X della UNI 10379 come si calcolano qem e Im?

Risposta: La stagione di riscaldamento è costituita da tutti i mesi compresi nel “periodo annuale di esercizio”. Le frazioni di mesi si calcola come mese intero. Pertanto, per le diverse zone climatiche i mesi sono: zona climatica stagione di riscaldamento A dic-gen-feb-mar B dic-gen-feb-mar C nov-dic-gen-feb-mar D nov-dic-gen-feb-mar-apr E ott-nov-dic-gen-feb-mar-apr F ott-nov-dic-gen-feb-mar-apr Il calcolo della temperatura media dell’aria esterna (qem) si calcola sui mesi della stagione di riscaldamento e non sui giorni effettivi. Solo per il calcolo della temperatura media dell’aria esterna (qem) da riportare nella formula del FENlim, bisogna considerare i giorni effettivi, comunque tali valori sono tabellati. L’irradianza solare globale giornaliera si calcola sui mesi della stagione di riscaldamento. Solo per la determinazione del valore di Im da riportare nella formula del FENlim bisogna considerare i mesi interamente compresi nel periodo di riscaldamento. Pertanto in quest’ultimo caso i mesi sono: zona climatica mesi per il calcolo di Im del FENlim A dic-gen-feb B dic-gen-feb-mar C dic-gen-feb-mar D nov-dic-gen-feb-mar E nov-dic-gen-feb-mar F nov-dic-gen-feb-mar Indipendentemente dai valori riportati nel prospetto X della UNI 10379 i valori di Im da riportare nel calcolo del FENlim si determinano dai valori climatici riportati nel prospetto VIII della UNI 10349, sommando le due componenti (diretta e diffusa) e nei mesi prima specificati: fc _ fc Im = 11,57 ( S ng, j Hsj ) / ( S ng, j ) j = ic j = ic dove il significato dei simboli è riportato nella formula [24] della UNI 10379. Per i comuni non compresi nel prospetto X della UNI 10379 i valori di qem e Im si determinano con le espressioni [1] e [2] della UNI 10349, considerando i mesi come specificato precedentemente nei diversi casi.